Pensi tu, o uomo… di scampare al giudizio di Dio… non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento? Romani 2:3-4
La tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, del quale non c’è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo produce la morte. 2 Corinzi 7:10
Cos’è il pentimento (o ravvedimento)? 1 parte
“Pentimento” non è sinonimo di penitenza: la penitenza è una sofferenza volontaria che ci si impone per aver peccato. Pentimento non è nemmeno sinonimo di rimorso, ovvero quel sentimento di angoscia che ci assale per le conseguenze delle nostre azioni: mediante il pentimento proviamo rammarico per le azioni che abbiamo compiuto. Il pentimento non è nemmeno un’autocondanna. È possibile odiare se stessi a causa delle proprie colpe, ma la condanna di se stessi aggrava le ferite della colpa e porta alla disperazione. Dobbiamo odiare il peccato compiuto, ma non la nostra persona. Si devono odiare i nostri modi sbagliati di agire, i cattivi pensieri, le passioni, le menzogne e la concupiscenza, senza tuttavia arrivare mai a odiare noi stessi, in quanto siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio. Ma cos’è, dunque, il pentimento? Esso è:
– una convinzione di peccato, come un cartello che ci avverte: “Sei sulla strada sbagliata, fermati, osserva, ascolta, cambia direzione!”;
– un sentimento di tristezza che ci spinge non verso la morte, ma verso la vita, perché è accompagnato dal desiderio di smettere di compiere il male;
– un cambiamento nello spirito, nel comportamento e nel modo di agire. Se siamo pentiti, siamo d’accordo con Dio: meritiamo la Sua condanna, e ci rivolgiamo a Lui, confidando nella Sua bontà e nel Suo perdono. La bontà di Dio ci spinge al pentimento (Romani 2:4), e questo va di pari passo con la fede nel Signore Gesù, nel Suo sacrificio, nel valore del Suo sangue che “ci purifica da ogni peccato”. A salvarci non è il pentimento, ma la fede in Lui.
TRATTO DA “IL BUON SEME”